JAGO, IL NUOVO MICHELANGELO?

 "Il nuovo Michelangelo", così è stato identificato da molti dei miei pseudo-colleghi il giovane Scultore 33enne Jacopo Cardillo conosciuto meglio con lo pseudonimo di Jago. La sua storia ha fatto scalpore fin dal suo debutto durante la 54a Biennale di Venezia organizzata da Vittorio Sgarbi. Jago, invitato da Sgarbi stesso, partecipò all'evento contrapponendosi a quello che ai tempi era il suo professore dell'Accademia delle Belle Arti di Frosinone.

L'artista ne pagò le conseguenze ricevendo in seguito durante il suo percorso di studi ostruzioni da parte dell'Accademia che decise in seguito di lasciare per dedicarsi con più "libertà" alla propria espressione artistica. Da questo momento in poi la carriera di Jago sarà tutta in salita.

Il nuovo Michelangelo lo chiamano, forse siamo così increduli che un ragazzo così giovane possa raggiungere livelli artistici di essenza concettuale così elevati per il XXI sec.

Forse fa anche comodo cacciare il nome di un caposaldo dell'arte Italiana ma soprattutto mondiale come Michelangelo per fare scalpore al giorno d'oggi.

Reputo l'arte di Jago ben oltre paragoni semplicistici di questo tipo, ma soprattutto reputo superficiale criticare l'Accademia delle Belle Arti di Frosinone come una struttura incapace di capire ed intendere i giovani talenti che in essa ricercano spazio. La storia ci insegna che spesso gli artisti che guardano nel futuro non ricevono immediatamente un consenso dalla critica, alle volte ci vogliono mesi, in altri anni, in altri anche secoli.

Nel 2020 la globalizzazione ci permette di arrivare ovunque, di farci conoscere attraverso strumenti da cui in passato non avremmo potuto attingere. I social sono uno fra tutti, questo infatti è uno dei metodi di divulgazione che il giovane Jago utilizza ed è probabilmente il metodo principale grazie al quale è riuscito a rendere celebri i propri lavori. Post su Instagram, video, storie, interviste su YouTube e chi più ne ha più ne metta.

E' chiaro che questi mezzi abbiano facilitato l'arrivo delle sue opere in ogni parte del mondo, così è stato apprezzato, capito da chi riesce a vederci lungo, da chi ha già il binocolo adatto per fissare quell'espressione artistica futuristica.

L'opera che più mi ha sbalordito non può che essere Excalibur. [2016]


La frase celebre che l'artista associa a quest'opera è "anche le armi torneranno alla polvere". 

Forse da quì ci rivedrei uno sfondo di Rodin in Jago. Ciò che li accomuna è il rapporto con la materia, da grezza a trasformata, Jago dice che quell'arma di distruzione ritornerà polvere.

Anche Rodin ha analizzato il processo di trasformazione della materia grezza, lasciando però al centro della sua tematica la scultura, essa infatti, è continuamente il problema principale delle sue opere. Jago si lascia invece andare in tratti emotivi interpellando la tematica della guerra, perfettamente attinente al periodo storico contemporaneo.

 Auguste Rodin - La Danaide [1889]


Non posso non citare allo stesso modo l'opera da cui Rodin stesso fu ispirato, "Le prigioni" di Michelangelo. Ecco che adesso il nome di Michelangelo ritorna. Ma ci tengo a precisare le differenze concettuali che in quest'opera Michelangelo volle rappresentare, tematiche completamente differenti dalle due viste precedentemente.

Innanzitutto è di dovere ricordare che Le prigioni sono opere incompiute pur presentando un lato altamente suggestivo e potente nella loro struttura. Esse infatti non furono volute da Michelangelo, o per lo meno non in questi risultati, a lui non interessa la lavorazione e quindi trasformazione della materia ma il risultato finito.

La forma è già idealmente presente nel marmo, la scultura infatti nasce "per via di levare" e non "per via di porre".

Michelangelo - [XV sec.]





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